Tribunale di Bologna, Terza Sezione Civile, sentenza 16 aprile 2014 n. 20.563, est. Pres.te dott.ssa Anna Maria Drudi. Il “mandato” CARD è espressamente conferito per i sinistri “rientranti nell’applicazione dell’art. 149”. Ne consegue che se il danneggiato opta per la procedura cosiddetta ordinaria ex art. 148 C.d.A. la fattispecie non rientra nell’ambito di applicazione di questa diversa azione. Il mandato peraltro è espressa derivazione di una altrettanto illegittima premessa, ovvero che la procedura di risarcimento diretto ex art. 149 C.d.A. è considerata dalle imprese come “obbligatoria”: premessa che, ponendosi in illegittimo contrasto con l’art. 149 C.d.A. come costituzionalmente interpretato dall’Alta Corte.

Né può essere invocato l’istituto della delegazione cumulatoria non liberatoria ex art. 1268 c.c., in quanto sotto il profilo sostanziale tale artificio avrebbe l’effetto di frustrare il diritto del danneggiato di rivolgersi al responsabile così come previsto dalla Corte Costituzionale, il che esclude che l’interesse dell’assicuratore all’intervento possa ritenersi meritevole di tutela.

Sotto il profilo processuale non può poi omettersi di considerare l’anomalia che si verrebbe a creare ove il convenuto responsabile proponesse a sua volta domanda risarcitoria riconvenzionale nei confronti dell’attore e della sua compagnia di assicurazione, con eventuale intervento in causa dell’originale convenuta e dunque con la presenza di entrambe le assicurazioni sia in proprio sia nel loro reciproco interesse a parti invertite, ove sono del tutto palesi i profili di conflitto di interesse correlati e senz’altro non ammissibili.

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Giudice di Pace di Bologna, sentenza 25 marzo 2014, est. dott. Francesco Fiore. Il Giudice di Pace di Bologna interviene nuovamente sulla questione della disapplicazione dell’indennizzo diretto con una sentenza manifesto che chiarisce molti aspetti controversi.

In primo luogo viene negata la legittimità dei cosiddetti “interventi volontari” e affermato il principio electa una via, non datur recursus ad alteram, da cui discende che, in seguito all’azione giudiziale del danneggiato contro il responsabile civile, la compagnia “gestionaria” non ha più alcun interesse a contraddire. Viene quindi esaminata la questione dei mandati CARD: “la giurisprudenza formatasi in tutta Italia” osserva il Giudice “ha rilevato la nullità delle costituzioni di compagnie che pretendevano legittimazione processuale sulla base di un mandato come quello prodotto”: L’osservazione è rafforzata da una minuziosa ricognizione giurisprudenziale.

L’obiezione principale sollevata dal Giudice fa perno, però, sulla presenza di un palese conflitto di interessi fra la posizione della compagnia “del responsabile” (supposta delegante) e quella della compagnia “gestionaria” supposta delegata, nonchè delle difesa tecnica da questa fornita. La Cassazione (Sent. 26 luglio 2012 n. 13.204) ritiene nulla l’attività processuale posta in essere in simile situazione di conflitto. Il conflitto, peraltro, si estende anche al danneggiato, visto che la stessa compagnia chiamata a fornire assistenza tecnica nella fase precedente il giudizio (DPR 254/06 art. 9) pretende, in spregio alla garanzia prestata ex art. 1917 c.c., di opporsi all’assicurato in sede processuale. Anche questo orientamento viene corroborato da copiosa citazione giurisprudenziale. Secondo il Tribunale di Torino (sentenze 389/13 e 4618/13) gli accordi ANIA “non possono legittimare l’esercizio di diritti in contrasto con le norme che disciplinano la materia”. Peraltro l’accordo CARD non è inquadrabile nemmeno nello schema dell’art. 1268 c.c. in quanto “non risulta avere ad oggetto l’assunzione del debito altrui con subentro nella medesima posizione del debitore originario e, oltretutto, non risulta prevedere il consenso del delegatario” (nel senso della necessità del consenso di tutte le parti il Giudice di Pace cita Cass. Civ. 19.090/07). Secondo il Tribunale di Prato (sentenza 744/13) l’intervento della “gestionaria” difetta di interesse ad agire, mentre la procura CARD è un atto insufficiente a legittimare l’esercizio dei diritti altrui al di fuori dei casi previsti dalla legge.

Nel merito, sulla scorta di copiosa giurisprudenza pure citata dal Giudice di Pace, viene riconosciuta la legittimità della cessione del credito r.c. auto. Viene pure affermata la risarcibilità delle spese conseguenti il fermo forzato del mezzo (nella specie: nolo di mezzo sostitutivo).

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I procedimenti deflattivi del contenzioso sono senz’altro un utile strumento, ma il loro funzionamento effettivo postula, ovviamente, che gli utenti siano incentivati a ricorrervi. In particolare le spese di partecipazione del procedimento non possono rimanere a carico della parte le cui ragioni vengono riconosciute come fondate parte che, diversamente, si vedrebbe costretta a far ricorso al contenzioso per ottenere che il proprio titolo venga riconosciuto senza decurtazioni di sorta. Preziose, a tal proposito, le riflessioni di due Tribunali aventi ad oggetto le procedure di cui all’art. 696 bis c.p.c. e di mediazione obbligatoria.

Tribunale di Novara, decreto 27 maggio 2009 n. 4.272 est. dott. Lantieri. Il decreto del Giudice,  che dichiara conclusa la procedura di cui all’art. 696 bis c.p.c. è equiparabile in tutto e per tutto alla sentenza cui viene decisa la stessa fase di merito e perciò viene emessa in piena conformità rispetto a quanto disposto dall’art. 91 c.p.c., secondo cui le spese vanno poste a carico della parte soccombente. Scarica il decreto: Tribuanale di Novara 01 con nota critica di Alessandro Verga.

Tribunale di Modena, sentenza 9 marzo 2012, est. dott. Masoni: Stante la riconducibilità eziologica del procedimento di composizione della lite (mediazione – conciliazione) all’accertato inadempimento del convenuto, in forza del principio di causalità le spese sostenute per l’obbligatoria mediazione sono recuperabili dal vincitore in quanto esborsi (art. 91 c.p.a.). Scarica la sentenza: Modena 01

Giudice di Pace di Bologna, sentenza 10 giugno 2013, est. Avv. Vittorio Boni. Il Giudice di Pace Avv. Boni si era già espresso qui sul problema della legittimità dell’intervento volontario e del mandato CARD della compagnia “gestionaria” in indennizzo diretto. Oggi, di fronte ad un caso particolarmente abnorme (le parti coinvolte nell’incidente entrambe costituite in giudizio in presenza di contestazioni sulla dinamica, e la compagnia dell’attore che interviene non per tenerlo indenne degli effetti del giudizio, ma per sposare la linea processuale degli avversari…) il Giudice ritorna in argomento fornendo un’analisi lucida ed approfondita. Il “mandato CARD”, secondo l’avv. Boni, postula l’adesione del danneggiato alla procedura di indennizzo diretto. In mancanza (motiva il Giudice) “la normativa convenzionale non può costringere l’attore a difendersi dalla sua Compagnia di Assicurazioni che d’altronde non ha evocato in giudizio e con la quale è legato da vincoli contrattuali ex art. 1917 c.c.” La pretesa della compagnia “gestionaria” di partecipare ad un simile giudizio si pone “in netto contrasto con l’art. 122 del più volte citato D. Lgsl. 209/05 e dell’art. 1917 c.c. in forza dei quali essa avrebbe dovuto intervenire a supporto del proprio assicurato e non contrastarlo”. Inoltre la compagnia del danneggiato appare priva di interesse ad agire, dal momento che le sue conclusioni non avrebbero potuto costituire domanda autonoma in autonomo procedimento. Scarica la sentenza: Boni 03

Giudice di Pace di Bologna, sentenza 31 marzo 2014 n. 1.923 est. Dott. Pederzoli. Come abbiamo già illustrato qui ormai Giudice di Pace di Bologna, Tribunale di Bologna e Corte di Cassazione si sono espressi in maniera unanime a favore dell’autonoma risarcibilità del cosiddetto “danno morale”. Il dolore non è stato abolito per legge, così come per legge non si possono abolire i danni fisici (si vedano alcune interpretazioni, francamente incomprensibili, della L. 27/12… ma anche su questo il tempo renderà giustizia). Ora anche il Coordinatore dell’ufficio interviene autorevolmente sull’argomento sventando definitivamente qualsiasi tentativo riduzionista. Secondo il Giudice di Pace l’interpretazione corretta delle sentenze gemelle impone al Giudicante di riconoscere una “ulteriore somma ai fini della personalizzazione del danno” determinata, in questo caso, nel 30% rispetto al Danno Biologico. Inoltre, è dovuto il risarcimento delle spese sostenute per l’assistenza stragiudiziale dimostrate tramite la produzione di fattura (qui liquidate in € 880,00 a fronte di un danno compreso nello scaglione fra € 1.000 ed € 5.000). Scarica la sentenza: Pederzoli 01