Come noto, secondo la Corte Costituzionale, nel nostro ordinamento  “le compagnie assicuratrici, concorrendo ex lege al Fondo di garanzia per le vittime della strada, perseguono anche fini solidaristici per cui bisogna “comporre le esigenze del danneggiato con altro valore di rilievo costituzionale, come il valore dell’iniziativa economica privata connesso all’ attività del vettore” (C. Cost. 235/14). E’ in questo spirito che l’ Alta Corte si è presa la briga non solo di certificare la conformità del sistema tabellare, ma addirittura di sposare l’interpretazione più restrittiva, interpretazione subito fatta propria dal Tribunale di Bologna (unico, a quanto ci consta, in Italia) come se le funzioni della Corte Costituzionale (certificazione di conformità) e della Corte di Cassazione (nomofilachia) si fossero invertite dal giorno alla notte.

Nonostante questo sito sia dedicato alla disamina delle problematiche giuridiche crediamo che per una volta sia nostro dovere sollevare la testa dalla scrivania per rappresentarci il quadro d’insieme. il 2 novembre 2013 il Senatore a Vita Mario Monti, intervistato dalla CNN spiegava come segue le politiche del governo Italiano: “Stiamo effettivamente distruggendo la domanda interna attraverso il consolidamento fiscale.. Nella sostanza il Senatore diceva che si stava perseguendo il depauperamento del paese al fine di riequilibrare la bilancia commerciale (se gli Italiani hanno meno soldi in tasca comperano meno prodotti stranieri…).

E’ il film a cui assistiamo coerentemente da anni: il paese deve essere tenuto a galla precarizzando il lavoro e depauperando i salari (legge Treu, legge Biagi, jobs act), impoverendo artigiani e professionisti (voce: liberalizzazioni e “nuove tabelle professionali Severino Cancellieri”), e revocando i diritti conquistati in decenni di evoluzione normativa e giurisprudenziale. Ovvero, per rappresentare plasticamente quanto esposto:

salari

L’ emergenza (“Fate presto !” titolava il quotidiano di Confindustria) ha giustificato una pletora di misure straordinarie che non sarebbero certo state accettate in circostanze normali, misure nel cui contesto ben si inserisce la legge 27/12 “madre” del responso Costituzionale sopra citato. Misure giustificate sotto il profilo ideologico da un pressing propagandistico auto denigratorio inteso a dipingere gli italiani come “pigri” “fannulloni” “furbetti” “truffatori” che “vivono al di sopra delle proprie possibilità.

Se usiamo come parametro i fini conclamati tale grandiosa strategia è miseramente fallita: l’ innesco dell’ emergenza, ovvero il debito pubblico “insostenibile” è passato dal 120% del PIL nel 2011 al 135% del 2016, e questo proprio a causa della distruzione della domanda. Da un altro punto di vista, però (quello dei fini reali) le misure emergenziali del 2012 si sono rivelate un clamoroso successo: è questo il punto di vista della dirigenza della società, che si è immensamente arricchita grazie al rafforzamento delle posizioni giuridiche emerso dalla tempesta normativa. Si veda il settore di nostro interesse, la responsabilità civile automobilistica, in 2 grafici.

Necessaria una premessa, anzi due: il ramo RC auto dovrebbe essere strutturalmente in perdita, visto che i canali di vendita assicurativi lo utilizzano come insostituibile veicolo per piazzare i contratti nei rami non obbligatori. Seconda: i dati sotto riportati sono di fonte ANIA. Perché noi siamo così: i danneggiati devono dimostrare strumentalmente di essersi fatti male anche quando è scientificamente inutile e impossibile, mentre le cifre per ragionare sul quadro economico le prendiamo sulla fiducia dalla Confindustria delle Assicurazioni. Ma veniamo alle tabelle:

immagine1

E’ un grafico semplice: vediamo come si esplica il “fine solidaristico” (cit. Corte Costituzionale) delle compagnie assicuratrici. Un ramo che è una riserva di caccia legale a favore delle compagnie (visto che chiunque metta in strada un veicolo è obbligato per legge e comprare una polizza) e che, come detto, potrebbe tollerare un passivo commerciale, ha prodotto, dal 2012 al 2015, oltre 7 miliardi di euro di utili. Approfondiamo:

immagine2

Questo grafico è un tantino più complesso: il blu evidenzia il rapporto fra la raccolta premi e gli utili: vi si vede chiaramente che dal 2012 al 2015 le compagnie hanno “messo in tasca” più di 10 euro ogni 100 che incassavano (nel 2014 quasi 15). In rosso c’è la crescita della ricchezza del paese, che è stata o quasi nulla (nel 2011 e nel 2015) o negativa (tre anni su cinque: 2012, 2013 e 2014). In verde le fluttuazioni dei prezzi delle polizze assicurative: due anni di pareggio 2011 e 2013) un anno di forte crescita (2012) due anni di lieve calo (2014 e 2015).

 Alcune riflessioni.

La riforma del 2012 (assieme alla L. 57/01, al Codice delle Assicurazioni, al DPR 254/06, al caos liquidativo prodotto dalle “sentenze di San Martino) non è servita ad abbattere drasticamente i costi delle polizze (così come tutte le altre misure non hanno abbattuto il debito pubblico): è invece egregiamente servita a far esplodere gli utili delle compagnie.

Secondo punto: anche il calo del costo delle polizze non viene avvertito, per un motivo semplice: perché la grandiosa distruzione di ricchezza intrapresa nel 2012 colpisce più o meno tutti i settori dell’ economia. Mi serve a poco che il prezzo della polizza auto sia calato del 2% se nel frattempo ho perso il lavoro, o sono diventato precario, o si sono dimezzati i miei redditi, perché in tutti i settori dell’ economia, così come nella rc auto, il governo ha autorizzato quello che una volta si chiamava “capitale finanziario” a prelevare miliardi di euro dall’ economia reale. Tutte misure procicliche (ovvero: piove sul bagnato) che hanno lo stesso effetto: impoverire molti, arricchire pochi.

Terzo: proprio per la sua natura a spirale la crisi è destinata ad avvitarsi, per cui la svendita dei diritti non si fermerà. Più il quadro legislativo ed il suo interprete giudiziario agevoleranno l’impoverimento del sistema, più si renderanno necessarie misure di ulteriore compressione. Chi scrive è abbastanza vecchio da ricordare i tempi in cui le parti assicurative giustificavano l’introduzione della tabellazione in rc auto con la necessità di liquidare i macrodanni. Ora nemmeno la sostanziale imposizione di una frachigia ex lege basta più, e già si parla di un intervento per la riduzione dei risarcimenti ex art. 138 C.d.A., dei sinistri mortali, e per la compressione della libertà di riparazione dei danni materiali.

Tutto questo continuerà all’infinito, fino a che la sensibilità sociale del legislatore e la cultura e lo spessore umano di tutti gli interpreti non potranno arrestare ed invertire la china riconquistando l’intangibilità dei diritti fondamentali: obiettivo che oggi appare, purtroppo, del tutto fuori portata. Fino a quel momento impererà il si salvi chi può. E chi crede di aver potuto limitare i danni oggi occupando una posizione non ancora lambita dalla marea, stia pur certo che il suo turno sarà domani: nessuno scampa al completo naufragio di una società. O ci si salva tutti, o non si salva nessuno.

Avv. Marco Bordoni – Foro di Bologna

Tribunale di Treviso, sentenza 27 settembre 2016, n. 2.315, est. dott.ssa Ronzani. Alla luce delle pronunce della Corte Costituzionale si ritiene che l’accertamento strumentale (richiesto dalla L. 27/12) sia integrato da rilievo di “rettilineizzazione del rachide”. Il nesso di causa si evince infatti non solo dal dato strumentale, da cui ci si attende una indicazione confirmativa, quanto dal complesso esame clinico obiettivo effettuato dal medico legale. Scarica la sentenza: Treviso 01

Riceviamo dallo studio dell’ avv. Vittorio Vecchi e volentieri pubblichiamo questa sentenza del Giudice di Pace di Bologna, pubblicata il 13 gennaio 2017, n. 56, est. dott. Pederzoli. La pronuncia prende atto di entrambi gli orientamenti espressi in merito dal Tribunale di Bologna: sia di quello che stabilisce la sufficienza del dato clinico, sia dell’ altro, che assegna particolare valore all’ accertamento strumentale della menomazione. Nel far ciò il Giudice di Pace avoca a sé la verifica dell’ esistenza del presupposto richiesto dalla legge (l’accertamento strumentale) disattendendo, nella propria qualità di primo perito del giudizio, le conclusioni del CTU solo su questo punto, giungendo quindi ad una piena liquidazione del danno. Scarica la sentenza: Pederzoli 03

Giudice di Pace di Bologna, sentenza 20 aprile 2016, n. 3.563, est. Avv. Zardi. In presenza di contestazioni solo generiche e di precisa prova contraria le risultanze della Constatazione Amichevole fanno prova fra le parti. Ove le lesioni siano accertate con criteri clinici ed obiettivi e pur in assenza di riscontro strumentale, la loro esistenza è indubitabile e deve quindi trovare ingresso il risarcimento del danno (che poi deve essere personalizzato con la liquidazione del danno morale). Il danno da mancato reddito per l’artigiano è risarcibile sulla base del reddito effettivo dimostrato e della assenza dal lavoro indicata dal CTU. Infine devono essere risarcite le spese di assistenza stragiudiziale anche ove non sia seguito un accordo, dovendosi valutare, in relazione all’esito della lite, se la spesa sia stata necessitata e giustificata  in funzione dell’ attività compiuta e del diritto al risarcimento. Scarica la sentenza: Zadi01

Giudice di Pace di Bologna, sentenza 22 aprile 2016 n. 3.543, est. Avv. Azzaroli. Il danno così come valutato dal CTU deve essere risarcito a prescindere nella sua componente temporanea e permanente, a cui deve essere aggiunta opportuna personalizzazione. Scarica la sentenza: Azzaroli02

gentilmente segnalata da avv. Antonio Murgo

Giudice di Pace di Bologna, sentenza 5 aprile 2016 n. 3.285 est. Dott.ssa Caretti. Sono risarcibili i danni i cui postumi non siano “visibili” ovvero non siano suscettibili di accertamenti “strumentali” a condizione che l’esistenza di essi possa affermarsi sulla base di una ineccepibile e scientificamente inappuntabile criteriologia medico legale”. Ai danni temporanei e permanenti deve poi aggiungersi la personalizzazione (danno morale) Scarica la sentenza: Caretti 03

Giudice di Pace di Bologna, sentenza 6 aprile 2016, n. 3.280, est. Zardi. Ove le lesioni siano accertate con criterio clinico ed obiettivo, secondo le prescrizioni di cui agli articoli 32 comma 3 ter  e 3 quater di cui alla L. 27/12, e non sulla base di semplice sintomatologia soggettiva, e pur in assenza di riscontro strumentale, la consistenza delle lesioni stesse è accertata con obiettività scientifica e riferibilità eziologica al sinistro, motivo per il quale il danno va liquidato integralmente. Scarica la sentenza: Zardi 01

Giudice di Pace di Bologna, sentenza 5 aprile 2016, n. 3.175 est. Trincanato. La dotta sentenza esamina prima il rapporto fra il trattamento INAIL da inabilità lavorativa temporanea (patrimoniale) ed il risarcimento del danno biologico, giungendo alla conclusione che la surroga INAIL per il primo cespite non può aggredire il secondo. Quanto al problema della liquidazione del danno biologico permanente “non strumentalmente accertato” il Giudice di Pace non condivide quell’orientamento del Tribunale di Bologna che si attesta su posizioni negazioniste, ciò alla luce della necessaria lettura unitaria dei due commi (3 ter e 3 quater) dell’art. 32, in quanto l’alternativa spalancherebbe un vuoto di tutela anticostituzionale. La giurisprudenza costituzionale viene invece valutata alla stregua della mancata, effettiva, riduzione dei premi. Scarica la sentenza: Trincanato 03

Una recentissima sentenza della Suprema Corte (Cass. Civile sent. 26 settembre 2016 n. 18.773) chiude le porte del caos spalancate da incauti obiter dicta della Corte Costituzionale, affermando il principio che l’ espressione “visivo-clinico-strumentale”non è altro che un’ ellissi per esprimere il concetto di “accertamento medico legale”. Riportiamo il passo più significativo della pronuncia:

“Il…comma 3-quater dell’art. 32, così come il precedente comma 3-ter, sono da leggere in correlazione alla necessità (da sempre viva in siffatto specifico ambito risarcitorio), predicata dagli artt. 138 e 139 cod. ass. (che, a tal riguardo, hanno recepito quanto già presente nel “diritto vivente”), che il danno biologico sia “suscettibile di accertamento medico-legale”, esplicando entrambe le norme (senza differenze sostanziali tra loro) i criteri scientifici di accertamento e valutazione del danno biologico tipici della medicina-legale (ossia il visivo-clinico-strumentale, non gerarchicamente ordinati tra loro, né unitariamente intesi, ma da utilizzarsi secondo le leges artis), siccome conducenti ad una “obiettività” dell’accertamento stesso, che riguardi sia le lesioni, che i relativi postumi (se esistenti).”

Un testo che non lascia dubbi, e non può essere frainteso nemmeno leggendolo alla luce del caso di specie, che riguardava il risarcimento di una sola invalidità temporanea. Infatti l’espressione “siccome conducenti ad una “obiettività” dell’accertamento stesso, che riguardi sia le lesioni, che i relativi postumi (se esistenti).” si riferisce con chiarezza anche al danno permanente. Tanto è vero che di seguito (poche righe dopo) l’estensore, dopo aver spiegato che si tratta di una decisione che il caso di specie riguarda il danno temporaneo, si premura di precisare “ha escluso la risarcibilità del danno biologico temporaneo (quale unica pretesa azionata dall’attrice). Lasciando chiaramente intendere che se l’attrice avesse chiesto il danno biologico permanente sarebbe stato dovuto anche quello.

La sentenza deve quindi essere interpretata per quello che è, ovvero una sonora smentita delle tesi assicurative riduzionistiche ed un ripristino della funzione del medico legale, a cui viene restituito il ruolo di unico arbitro della valutazione del danno senza assurde intromissioni legislative.

Scarica la sentenza: sentenza cassazione

 

Tribunale di Bologna, sentenza 22 luglio 2016 n. 20.778 est. Iovino. Fermo l’orientamento (già ribadito più volte dal Tribunale di Bologna) relativo al risarcimento del danno biologico permanente, per la liquidazione del quale si ritiene indispensabile l’accertamento strumentale della lesione, la sentenza riportata sottolinea che tale prova può essere fornita anche attraverso una conferma ottenuta da esame ecotomografico.

In particolare il Giudice riforma una pronuncia di primo grado che aveva escluso la liquidazione della invalidità permanente in presenza di una ecografia cervicale ritenuta dal CTU esauriente al fine di fondare la prova strumentale della lesione da trauma cervicodorsale. Il Giudice di Prime Cure si era discostato dalle conclusioni del CTU invocando il parere di diversi medici legali, motivazione che il Giudice di Appello considera apparente, sposando quindi le conclusioni del consulente d’ufficio e considerando l’ ecotomografica esame attendibile al fine di confermare la menomazione, dando quindi ingresso a risarcimento integrale. Scarica la sentenza: Iovino 02

Avv. Marco Bordoni

Con sentenza Tribunale di Bologna 14 aprile 2016 n. 20435 la corte felsinea ha rimeditato il precedente indirizzo interpretativo relativo all’ art. 32, commi 3 ter e 3 quater, della L. 24 marzo 2012 n. 27.

La motivazione della sentenza consiste in sostanza in un richiamo pedissequo delle giurisprudenza costituzionale (Corte Costituzionale, sentenza 16 ottobre 2014 n. 235, Corte Costituzionale, ordinanza n. 21 ottobre 2015 n. 242) che pure il Giudice di Merito lascia intendere di non considerare vincolante (“indipendentemente dalla natura strettamente vincolante o meno della pronuncia …”) e di non condividere (stante il richiamo alla necessità di “prendere atto che tale irrisarcibilità è stata espressamente sancita dal legislatore” essendo un mancato adeguamento “distonico all’intero sistema”).

Nonostante la pronuncia sembri dare per scontato che la correzione di rotta rappresenti una soluzione definitiva al problema, in effetti apre una serie di ulteriori questioni interpretative e di coordinamento, relative alla qualificazione della tipologia e dell’oggetto dell’ “accertamento strumentale” a questo punto pacificamente necessario al fine di dare ingresso al risarcimento del danno permanente, questioni di cui occorre in questa sede dare, pur sommariamente, conto.

I problemi di coordinamento si pongono su almeno tre versanti:

a)      la giurisprudenza costituzionale pregressa che, con ben  maggiore profondità argomentativa, ha affermato la natura non negoziabile e non revocabile della tutela del diritto alla salute: “quand’ anche si sostenesse che il riconoscimento, in un determinato ramo dell’ordinamento, di un diritto subiettivo, non esclude che siano posti limiti alla sua tutela risarcitoria, disponendosi ad esempio che non la lesione di quel diritto, per sé, sia risarcibile, ma la medesima purché conseguendo danni di un certo genere, va energicamente sottolineato che ciò non può accadere per i diritti e gli interessi dalla Costituzione dichiarati fondamentali. (…) Dalla correlazione fra l’art. 32 Cost. e l’art. 2043 c.c. è posta quindi una norma che, per volontà della Costituzione, non può limitare in alcun modo il risarcimento del danno biologico” (C. Cost. 14 luglio 1986 n. 184);

b)      la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che, esaminando l’impianto dell’art. 139 C.d.A. ante legem ne stabiliva la legittimità, avvertendo però che “la limitazione [del risarcimento spettante in conseguenza alla lesione di un diritto protetto dalla Carta] non può “escludere d’ufficio o limitare in maniera sproporzionata il diritto della vittima a beneficiare di un risarcimento” (Corte di Giustizia UE sentenza del 23 gennaio 2014 Causa n. C317/12).

c)       la dottrina medico legale, che ha sempre affermato la natura ancillare dell’accertamento strumentale nel processo diagnostico, rifiutando, in quanto errata ed arbitraria, qualsiasi interpretazione che potesse declassare la funzione del medico a quella di semplice esegeta di riscontri per loro natura opinabili ed interpretabili. Addirittura la Federazione Nazionale dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri, con parere del 19 giugno 2012 condannava, sotto il profilo deontologico qualsiasi valutazione “parziale e confinata al solo riscontro strumentale”.

Tanto a proposito della necessità di coordinare il nuovo orientamento con lo stato pregresso delle conoscenze scientifiche e tecniche.

Venendo ai problemi interpretativi, essi hanno ad oggetto la tipologia di “prova strumentale” che viene richiesta perché il danneggiato possa accedere al risarcimento del danno da invalidità permanente. Ed in particolare: quale deve essere l’oggetto della “prova strumentale”?

Va in primo luogo osservato che la novella costringe la medicina legale a muoversi in territori mai prima esplorati: sino all’emanazione della legge in esame, il dato strumentale era considerato solo in funzione ancillare rispetto a quello clinico, e veniva quindi preso in considerazione solo nel caso il rilevo clinico non soccorresse. Tipica è l’ipotesi della menomazione interessante l’apparato scheletrico, che, salvo i rari casi dell’esposizione della frattura, può essere correttamente studiata solo attraverso una indagine di tipo radiologico. Ovviamente, nel momento in cui il legislatore ha richiesto una conferma strumentale di un dato clinicamente già acquisito, ha dischiuso un campo di studi mai esplorato dalla medicina in quanto nessun senso avrebbe avuto, sotto il profilo medico, cercare conferme strumentali di circostanze già pacificamente assodate. Questo è, peraltro, il motivo per il quale sono molto rari gli studi che abbiano la finalità di rilevare in maniera diretta il tipo di menomazione di che trattasi: tali studi, infatti, non hanno alcuna utilità diagnostica e il problema del loro approfondimento si pone solo oggi all’unico fine di offrire qualche risposta alla pretesa del legislatore.

In secondo luogo va rilevato che la legge richiede di indagare non la menomazione, ma bensì la lesione. Questo dati risulta infatti, sia dalla lettera del comma 3 ter dell’art. 32 “le lesioni di lieve entità che non siano suscettibili di riscontro clinico strumentale obiettivo, non potranno dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente”, che la giurisprudenza costituzionale invocata dall’ attrice “diagnostica strumentale ai fini della ricollegabilità di un danno “permanente” alle microlesioni di che trattasi” (C. Cost. Ordinanza 21 ottobre 2015).

Sebbene sia lecito all’uomo della strada considerare l’espressione “lesioni” e “menomazioni” equivalenti, tale licenza non è consentita al tecnico del diritto ed al medico legale, che devono ben tenere presente la distinzione fra l’alterazione vera e propria dell’organismo conseguente il trauma (lesione) e il decremento dell’efficienza nella vita biologica delle persona effetto della lesione (menomazione). Legislatore e Giudice delle Leggi parrebbero concordi, stando al dato testuale, nel richiedere un accertamento strumentale non tanto del decremento di efficienza della vita biologica del danneggiato, quanto dell’ alterazione transeunte dell’organismo effetto del trauma.

Come si deve porre l’interprete di fronte a questi problemi?

Le soluzioni possibili sono due.

1. Restrittiva. Volendo procedere con maggior rigore si potrebbe fare aderire la soglia di certezza richiesta dalla valutazione medico legale in ordine al verificarsi del danno (lesione), anche qualora accertabile clinicamente senza ausilio strumentale a quella usualmente pretesa al fine di valutarne le conseguenze (menomazione) per le quali spesso l’ausilio strumentale è indispensabile, esigendo quindi la presenza di un elemento patognomonico “perfetto” (ovvero probante la menomazione in maniera univoca, c.f.r.  Cesare Scandellari, “La strategia della diagnosi”, Piccin, 1981, p.38-39) che riveli in maniera ripetibile e indipendente dall’ accertatore la perdita del bene salute.

2. Temperata. In alternativa si potrebbe concludere che il legislatore ha richiesto agli interpreti due diverse valutazioni, aventi ad oggetto una l’esistenza della alterazione traumatica (lesione) nei casi in cui il supporto strumentale è solo confermativo di un quadro clinico già definito, ed una mirante a verificare le sue conseguenze (menomazione) laddove la verifica strumentale sia effettivamente indispensabile alla diagnosi. Il superamento degli oneri probatori nei due casi richiederebbe (visto che nel primo grado si tratta di un danno già accertato e di una indagine relativa all’evento lesivo, nel secondo di uno da accertarsi e della ricerca altrimenti impossibile delle conseguenze menomative) un diverso grado di severità.

Per i casi del primo tipo (trattasi, lo ripetiamo, di un danno già clinicamente certo, per il quali il dato strumentale è offerto al solo fine di soddisfare il requisito richiesto dalla legge) verrebbe preteso un elemento probatorio complementare  rispetto al (pur di per sé esaustivo, sotto il profilo medico legale) accertamento clinico. Tuttavia questo elemento, stante la natura intrinsecamente transeunte della lesione o lo stato delle conoscenze scientifiche, non potrebbe che avere una caratteristica patognomonica “imperfetta” (per utilizzare la già citata distinzione del Piccin), il che non rappresenterebbe però un problema stante il fatto che, ove positivo, il riscontro strumentale non farebbe che sostenere l’evidenza “visiva”. Di tale natura potrebbe essere, a mero titolo esemplificativo, un accertamento radiologico o ecografico nell’ immediatezza dell’evento traumatico, esami “strumentali” validi al fine di mostrare segni diretti o anche indiretti della lesione.

Valutazione delle soluzioni prospettate. Questa seconda interpretazione “temperata” appare sicuramente preferibile, perché salverebbe sia le esigenze di massima certezza nella prevenzione delle frodi veicolate nella norma, sia il necessario coordinamento con il panorama normativo e scientifico rappresentato nell’esordio della presente riflessione, sia, infine, esigenze di giustizia sostanziale e di omaggio al comune sentire, che deplora la stessa idea secondo cui un danno certamente esistente possa non essere risarcito a priori, stante l’impossibilità scientifica di offrirne una rappresentazione strumentale efficace al 100%.

Si riporta, a mero titolo esemplificativo e pur consci delle peculiarità del caso, un parere reso dal CTU dott. Fabrizio Amato, chiamato a rendere chiarimenti sulla valenza dell’indagine ecografica in ordine alla dimostrazione dell’esito lesivo di un trauma cervicale: “l’ecografia, pur con le limitazioni conseguenti la soggettività dell’operatore, documenta una lesione iniziale (moderato edema diffuso) che conferma l’avvenuto trauma e l’avvenuta reazione locale dei tessuti”. La stessa indicazione viene offerta dal dott Luigi Ferrara il quale osserva: “Nel caso in esame, le lesioni identificate risultano accertate visivamente (visita medico-legale) e supportate “strumentalmente” (esame radiografico del 25/07/2014, esame ecografico del 25 agosto 2014).”. I pareri dei due specialisti, che vengono citati in quanto noti per la loro imparzialità ed autorevolezza, attestano che il mondo della medicina legale ha ben presente la distinzione fra la tipologia di prova da esigersi a dimostrazione di una lesione già clinicamente certa e quella che invece deve essere pretesa per ritenere confermata una menomazione spesso non rilevabile con la sola tecnica clinica.

Le ragioni sopra esposte escludono che elementi come questi (clinica sostenuta da un riscontro strumentale ecografico o radiologico della lesione) possano essere ignorati dal Giudice in sede di applicazione della norma.

Si potrebbe rilevare una ipotetica contraddizione, insita nel subordinare la liquidazione del danno biologico permanente ad un accertamento delle conseguenze traumatiche immediate, ma tale contraddizione è solo apparente, se si considera che il danno di cui trattasi è già clinicamente certo, e ciò che viene richiesto è solo una conferma strumentale ulteriore che sostenga un quadro clinico autonomamente esauriente.

L’ interpretazione temperata, peraltro, trova conforto sia nella lettera della sentenza dell’Alta Corte, sia nella Giurisprudenza di Merito. La Corte Costituzionale, nella già più volte citata pronuncia (16 ottobre 2014, n. 235), recita:

“Tali nuove disposizioni rispettivamente comportano, per tali lievi lesioni: − la necessità di un “accertamento clinico strumentale” (di un referto di diagnostica, cioè, per immagini) per la risarcibilità del danno biologico permanente;”

Si rileva che la Corte non richiede una correlazione patognomonica “perfetta”, e addirittura neppure l’acquisizione agli atti di un supporto iconografico, ma solamente una refertazione che descriva l’esame strumentale effettuato.

Tale inequivoca indicazione crediamo offra argomenti risolutivi a favore della seconda tesi esaminata, da noi sostenuta.

Infine, piace ricordare che le stesse riflessioni sono state fatte proprie dal Tribunale di Trento (sentenza 25 febbraio 2015, n. 247), che interpreta come segue la legge del 2012: “risulta dallo stesso accertamento radiologico compiuto in data 23.06.10 (doc. 3 dell’appellante nel fascicolo del giudizio di primo grado) che l’appellante ha riportato, a seguito del sinistro, la “rettilineizzazione del rachide cervicale”, il che documenta e testimonia che l’appellante ha riportato il trauma distorsivo del rachide cervicale, quest’ ultima riscontrata dall’ accertamento obiettivo espletato dallo stesso CTU.”

In conclusione appare condivisibile la scelta, Giudice di Pace Imola, di focalizzare l’attenzione del Consulente d’Ufficio non tanto sulla (impossibile) valutazione dell’effetto lesivo del trauma dopo che tale trauma ha già prodotto da molto tempo i suoi esiti menomativi, ma bensì sul complesso emergente dalle acquisizioni documentali con l’inclusione necessaria di una conferma strumentale della lesione compatibile con il quadro clinico: “dica il CTU” è il quesito “se agli atti esistano referti di diagnostica strumentale compatibili con il quadro lesivo esitato e clinicamente accertato, così come risultante dalla documentazione agli atti”.

Tale approccio olistico e temperato, inteso a  sussumere l’accertamento strumentale della conseguenza traumatica dell’evento in un processo di valutazione medico legale più ampio, risulta evidentemente preferibile sia per la maggior aderenza al testo della norma e della giurisprudenza costituzionale, sia per il più agevole raccordo con i principi generali giuridici e medico legali che governano la materia. Non possiamo che augurarci che anche i Tribunali, a somiglianza dei Giudici di Prime Cure, possano sposare questo orientamento nella applicazione pratica del proprio, mutato, indirizzo.

Giudice di Pace di Bologna, sentenza 4 dicembre 2015 n. 3.752, est. dott.ssa Federica Poli Camagni: Ove il CTU rilevi che il trauma oggetto di esame è suscettibile di accertamento clinico, ma non strumentale, in aderenza all’orientamento espresso dal Tribunale di Bologna, si ritiene che il danno sia comunque risarcibile, dovendo il risarcimento debba essere commisurato alle risultanze peritali emerse in conseguenza della visita medica, visita da effettuarsi senza imposizione normative sulla formazione del convincimento del consulente. Scarica la sentenza: Poli Camagni 01

Tribunale di Padova, sentenza 3.371/14, est. dott. Bordon: l’intento del legislatore nella L. 27/12, è quello di evitare risarcimenti in caso di effetti lesivi “meramente soggettivi”, intendendosi richiamare il Giudice ad un accertamento rigoroso delle menomazioni. Una lesione che determina postumi permanenti costituisce un pregiudizio sufficientemente serio da essere meritevole di tutela anche in un sistema che impone alla vittima un grado minimo di tolleranza. Richiedere la prova sia clinica, che strumentale, che obiettiva comporterebbe un risultato incongruo. Un trauma cervicale può esprimersi dal punto di vista obiettivo con una contrattura muscolare, che è certamente evidenziabile clinicamente, ma non necessita di accertamento strumentale perché, dal punto di vista terapeutico, non vi è nessuna utilità a dimostrare, strumentalmente, ciò che è clinicamente evidente. Scarica la sentenza: Tribunale di Padova

Tribunale di Rimini, sentenza 19 febbraio 2016 n. 257, est. dott.ssa Susanna Zavaglia: alla luce della ratio delle norme e delle finalità perseguite dal legislatore (intento di contrastare sia il fenomeno delle truffe assicurative che la negligenza colposa nell’accertamento dei microdanni) l’interpretazione più plausibile delle norme è che la legge esiga che il danno alla salute di lieve entità sia accertato e valutato dal medico legale e dal giudice secondo criteri di rigorosa e e assoluta scientificità, senza che sia possibile fondare l’accertamento del danno sulle sole dichiarazioni della vittima. Ne consegue che ove la compagnia non contesti l’esigenza del danno, ma solo la sua risarcibilità sulla base di argomentazioni giuridicamente errate, esso deve essere ristorato sulla base dell’elaborato peritale, ove adeguatamente motivato. Scarica la sentenza: Tribunale di Rimini

Riceviamo dallo Studio Legale dell’ Avv. Alessandro Soffritti, e gentilmente pubblichiamo:

Giudice di Pace di Bologna, Sentenza 23 ottobre 2015, n. 3.079, est. Dott. Stefano Onofri. Le disposizioni di cui all’art. 32 commi 3 ter e 3 quater della L. 27/12, norme di identico contenuto precettivo e quindi da valutare in maniera uniforme, subordinano la liquidazione del danno fisico al suo accertamento con criteri di obiettiva e rigorosa scientificità, senza possibilità di ritenere la sussistenza del danno basandosi sulle sole dichiarazioni della vittima o su mere supposizioni. Pur in assenza di riscontro strumentale, la lesione fisica (distorsione del rachide cervicale e dolore al ginocchio sinistro) è stata accertata nella CTU con obiettività scientifica e certa riferibilità eziologica al sinistro, in ragione delle risultanze del referto ospedaliero di Pronto Soccorso e del successivo iter clinico. Da liquidarsi le spese di assistenza stragiudiziale quale danno emergente (a mente di Cass. Civ. 997/2010). Scarica la sentenza: Onofri

Si segnala, inoltre, negli stessi termini sostanziali:

Giudice di Pace di Bologna, Sentenza 1 aprile 2015, n. 2.427, est. Avv. Maria Teresa Niutta. Ove la sussistenza di un danno sia accertata clinicamente, a mente della L. 27/12 che prevede la possibilità di accertarsi il danno anche “visivamente” ossia attraverso l’ ispezione clinica, lo stesso danno deve trovare ristoro. Il danno biologico da invalidità permanente può quindi essere rilevato anche attraverso accertamento medico legale, il che rende superflua la conferma strumentale. Scarica la sentenza: niutta